Viterbo E’ tempo di assaporare un dolce tipico della nostra tradizione: la pizza di Pasqua
L’origine, incerta, potrebbe ricollegarsi alla bravura delle massaie che, in occasione di ricorrenze speciali come la Pasqua, usavano aggiungere ingredienti dolci alla ricetta tradizionale del pane.

Il sabato prima di Pasqua, dopo lo scioglimento delle campane, queste pizze erano benedette dal sacerdote, insieme con le uova sode colorate.

Il tutto veniva poi consumato con la famiglia nella colazione del giorno di Pasqua. Oggi la benedizione non è più prevista dal nuovo rituale liturgico. Il processo produttivo richiede un ciclo di lavorazione di 24 ore con 3 momenti di lievitazione.

La sua diffusione è strettamente legata alla crescita della produzione di farina e zucchero, infatti nei primi del ’900 questi due ingredienti non sono più considerati beni di lusso ma entrano a far parte della quotidianità in cucina.

Dolce dalla caratteristica forma a fungo con sapore di cannella nella tipologia dolce, a base di formaggio Pecorino Romano Dop nella versione salata.

La pizza di Pasqua della Tuscia, viene preparata con farina tipo 00, zucchero, uova; aromi di limone ed arancia, lievito di birra; liquori alchermens, rhum, cannella e strutto di suino.
La Pizza al formaggio, invece, prevede l’impiego di farina tipo 00, uova, strutto, lievito di birra, sale e Pecorino Romano DOP.

Ingredienti:
600/700 gr di farina, 6 uova, 400 gr di zucchero , 80 ml di liquori misti da dolci, cannella q.b., 100 gr di strutto (o burro), vaniglia 1 bustina, buccia grattugiata di limoni e arance, lievito di birra 100 gr.

Preparazione:
Si scioglie il lievito di birra in acqua tiepida e si aggiunge poi a poco a poco la farina, fino a formare una palla molto morbida, tipo pastella, che va messa a lievitare per alcune ore (circa 12).

A lievitazione avvenuta, dentro un grosso recipiente di “coccio”, o sulla spianatoia quando si tratta di dosi ridotte, si incorporano a questa pasta lievitata tutti gli altri ingredienti (esclusi i liquori), impastando continuamente con un mestolo fino ad arrivare, dopo alcune ore di faticosa lavorazione, alla formazione di una grossa massa di pasta omogenea, di consistenza simile alla pasta del pane.

I liquori vanno aggiunti con molta cautela, facendoli cioè scorrere in piccola quantità lungo il recipiente e mettendoli a contatto con l’impasto sempre protetto da uno strato esterno di farina, per evitare la cosiddetta “cottura della pasta”. Si preparano allora i vari tegami a bordo molto alto, ungendoli internamente con lo strutto, e vi si depone all’interno una quantità di pasta tale da raggiungere la metà dell’altezza del tegame.

Si lascia quindi lievitare per alcune ore in un ambiente tiepido, a temperatura costante (una volta si usava la madia), fino a quando la pasta non raggiunge il bordo superiore del recipiente. Si bagna lo strato superiore con un pennello imbevuto di uova sbattute e si mette tutto al forno per 40/50 minuti a 180 c°.

All’interno di questo, durante la cottura, si avrà un ulteriore accrescimento della pasta che supererà così il bordo del tegame, facendo assumere alla pizza il caratteristico aspetto a fungo, con il cappello di un bel colore marrone scuro, lucido. A questo punto, una volta raffreddata è pronta per essere degustata.

Ottima da sola, inzuppata nel latte caldo o nel vino, oppure  nella versione ultra dolce spalmata di cioccolata, mentre nella versione salata si presta bene  accompagnata con del capocollo o fette di salame.

Info su patti

Laureata in Scienze e Tecniche della Comunicazione presso l'Università degli studi della Tuscia, iscritta da maggio 2009 all'Ordine dei Giornalisti-Pubblicisti del Lazio.
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